“Dall’arcadica pace della campagna sarda, Clotilde Masci, ospite in questi anni della Sardegna, manda un saluto festoso ai suoi spettatori del continente” (Claudio Zucchelli)

Clotilde, familiarmente chiamata Cloty, faceva parte della nostra numerosa e antica famiglia, ma le notizie che abbiamo su Clotilde Masci, mia cugina, sono estremamente frammentarie persino nell’ambito familiare.

Figlia di Maddalena Tibone, sposa di Francesco Masci, generale dell’Esercito, a sua volta figlia del professore Domenico Tibone, magnifico Rettore Ostetrico di Casa Reale nel seconda metà dell’Ottocento, nata ad Alba il 1 settembre 1913 e battezzata nella Parrocchia di San Lorenzo l’11 dello stesso mese con i nomi Clotilde, Elisabetta, Malda e morta a Roma il 5 gennaio 1985.

Sappiamo che si sposò a Cuneo il 7 aprile 1940 con Vincenzo Salvietti, da cui si divise quasi subito formalizzando quando la legge nazionale sul divorzio in Italia venne promulgata.

Seguendo il fratello Andrea Masci, ingegnere nelle Ferrovie Italiane, sua moglie Maria Clotilde Buggio e la madre Maddalena Tibone, rimasta vedova nel 1936 ha vissuto in molte città italiane come Alba in Piemonte, Bolzano, Firenze, Cagliari ed infine Roma.

Clotilde Masci con sua madre Maddalena Tibone sul lungo Talvera a Bolzano il 23 novembre 1948

Bambina e adolescente visse tra Alba e Torino frequentando l’ambiente torinese dell’alta borghesia di cui faceva parte la famiglia della madre, Maria Maddalena Tibone, mentre durante gli anni del fascismo e della guerra , sfollata a Meana di Susa, piccolo comune nella Città Metropolitana di Torino, coltivava la sua passione per il teatro già a partire dei sette anni, come racconta lei stessa in “Debutto” articolo apparso su una rivista di settore.

Cosi inizia la sua storia

“Si era in piena guerra ed in un triste, gelido febbraio, una ragazza poco più che ventenne si trovò bloccata in casa da una bronchitella niente affatto trascurabile.

Quella ragazza portava all’anulare sinistro un anello che non era più per lei un simbolo d’amore, bensì una catena a vita, e passava le ore accanto ad una stufetta gemebonda, le braccia intorno alle ginocchia, il capo chino.

Guardava i pezzetti di legna accendersi, bruciare, dissolversi in un attimo in fumo e ceneri e pensava che la sua giovinezza era inutile e grigia proprio come quel fumo e quelle ceneri.

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Ma, poi, con uno sforzo tentò di reagire, di attaccarsi a qualcosa e ricordando le sue commediole di un tempo, volle provare a buttar giù una commedia. Ma senza speranza di alcun genere, proprio così, per passare il tempo per non pensare a tutte le brutte cose che gli si affollavano nella giovane mente triste.

Nacque così il mio lavoro “Sentiero nell’ombra”.

Cosi racconta lei stessa in un articolo apparso su una rivista di settore “Scene Femminili” molto in voga negli anni 30-60 del secolo scorso.


Clotilde, come scrittrice, ha raggiuto una certa fama tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso per aver scritto numerose commedie e drammi, trasmessi anche alla radio e alla televisione. I giornali dell’epoca riportano che vinse anche premi e riconoscimenti a livello nazionale – il premio di Scene Femminili nel 1947 per Qualcuno al timone, il premio Ruggeri nel 1960 per Ritratto di donna, nel 1964 per Fuori del tempo e di nuovo nel 1966 per Il cavallo della regina Elisabetta – soprattutto perchè mettevano in scena i cambiamenti della società italiana nel periodo del dopoguerra fino a ridosso degli anni 70, quando cominciarono in Italia le rivendicazioni delle donne per un ruolo più importante nella società. Sembra, che le opere a lei ascritte siano circa 150, opere per il teatro professionistico, per il teatro educativo tanto maschile quanto femminile che misto, per la radio, per la televisione, usando soprattutto nella fase iniziale della sua carriera lo pseudonimo di Francesca Sangiorgio.

Ad una odierna lettura appare importante il fatto che molte delle opere della Masci sono centrate intorno al matrimonio, non tanto come rapporto di coppia, ma quanto ruolo della donna all’interno della società, che in una realtà come quella del secondo dopoguerra oscillava in Italia tra casalinga, insegnante, impiegata di basso livello.

È per questo, soprattutto, che esiste questo sito: cercare di ricostruire la sua storia di donna e di scrittrice ricreando intorno a lei una rete di realtà condivise e vissute con altre persone, compagini teatrali e così via. Sperando che chi legge queste note abbia storie, aneddoti o foto da condividere.